Un esempio di procedura di mediazione...
PRESENTAZIONE E SESSIONI CONGIUNTE:
LA COMUNICAZIONE EFFICACE
La procedura di mediazione facilitativa segue uno schema di massima, il cui primo step é rappresentato dalla presentazione del mediatore e della procedura nella sessione congiunta iniziale. Sovente capita di accogliere le persone in lite, notandone l'atteggiamento aggressivo o in altri casi di estremo disinteresse verso il tentativo di conciliazione. Spesso questo tipo di atteggiamento non é cosí profondamente radicato nella persona ma rappresenta una inconscia (qualche volta anche conscia....) tattica per far percepire alla controparte quanto si é fermi e convinti delle proprie posizioni. Per certi versi assomiglia ai rituali che gli animali hanno prima (ed a volte anche dopo...) il conflitto. Per esempio le gazzelle prima di lottare si avvicinano, scuotono le corna e si mostrano la gola reciprocamente. Se nessuno si ritira, si agganciano entrambi per le corna e iniziano a lottare.
Prima di dare inizio alle schermaglie ed al vero e proprio confronto il mediatore deve presentare se stesso e la procedura alle parti; nella mediazione obbligatoria e marginalmente anche in quella volontaria, sará frequente incontrare le parti e loro consulenti che non sanno cos'é davvero la mediazione, come si svolge, quali caratteristiche e quali vantaggi puó offrire. Il passaggio é fondamentale perché i pregiudizi dei consulenti o l'ignorare l'argomento da parte degli attori del conflitto potrebbe bloccare sul nascere la possibilitá di esperire il tentativo di conciliazione. E per essere chiari e convincenti non é sufficiente conoscere dettagliatamente la norma o le nozioni basilari della mediazione, si dovrá ricorrere ad una buona comunicazione per risultare autorevoli e convincenti. Potremmo usare la mediazione strategica che ha tra i propri effetti quelli di diminuire la conflittualità, perché orientata a comprendere la logica e gli schemi mentali degli intervenuti nel conflitto, per entrare in empatia con essi. Possibilmente dovremmo usare un linguaggio semplice, che possa essere facilmente compreso, flessibile in base al soggetto con cui ci si relaziona. Porre particolare attenzione al cosiddetto feedback, ovvero il messaggio di ritorno, da parte di chi ci ascolta, che permetterá al mediatore di assumere delle informazioni in grado di aiutarlo a tarare meglio il suo modello comunicativo, adattandolo alle caratteristiche della parte.
Dopo essersi presentati ed illustrato accuratamente la procedura, daremo spazio alle parti, in modo che ognuna di esse esprima il proprio sentire, il proprio punto di vista, le proprie emozioni intorno al problema che le ha portate in mediazione. Questa fase é importante per il mediatore per conoscere la questione nella sua parte visibile, esteriore, palesemente percepibile: probabilmente le parti faranno la cronistoria delle vicissitudini passate, attribuendo torti e responsabilitá alla controparte, elencando i rancori suscitati da determinati comportamenti. Il mediatore sará chiamato a far esporre i singoli punti di vista delle parti, evitando esasperazioni e scontri troppo violenti ma non bloccando lo scorrere delle emozioni, anzi sollecitando la loro espressione con domande mirate, che partendo da concetti ampi arrivino a risposte specifiche che possano cambiare la percezione delle asserzioni. Basilare in questa fase l'utilizzo della parafrasi: nei corsi per la formazione del mediatore viene spesso citata ed altro non é che la rielaborazione di quanto affermato da una parte sfrondata dalle cariche negative dai commenti polemici, in modo da far focalizzare meglio su quale sia il problema, comprendendolo correttamente e non dando alcuna valutazione od interpretazione.
Un esempio pratico: se una parte afferma “Il mio vicino ha costruito, con l'inganno, una immonda baracca in tavolacce di legno sul mio confine senza rispettare l'altezza stabilita!!!”, il mediatore potrebbe dire: “Mi permetta di vedere se ho compreso quello che ha esposto: diceva che il suo vicino ha edificato una costruzione in legno sul confine tra le due proprietá e mi ha preisato che la costruzione non rispetta i limiti di altezza”.
Il semplice eliminare le accezioni negative dall'esposizione della parte e restituire una versione “pulita” dalle negativitá é il primo passo per poter far percepire alle parti l'obiettivo problema e per iniziare ad instillare in esse che puó non essere vera la presunzione per cui, dietro a posizioni opposte, si trovino solo interessi inconciliabili.
Questa fase di sessione congiunta potrá essere utile anche per iniziare a capire gli atteggiamenti delle parti verso il negoziato. Sostanzialmente ci si puó trovare davanti a quattro tipi di comportamento, il Collaborativo, l'Oppositivo, Chi vorrebbe ma non puó, Chi non puó far niente (fonte: Nardone, Cavalcare la propria tigre, Ponte alle Grazie).
La persona collaborativa sembra possedere tutte le risorse emotive e razionali per partecipare attivamente, in modo sempre positivo, alla negoziazione. Spesso la voglia di essere corretto e fare bene porta il collaborativo ad invadere il campo degli altri. Il mediatore, per disinnescare questo possibile atteggiamento che potrebbe infastidire la controparte, dovrá fare ricorso ad una comunicazione razionale-dimostrativa, accettando la collaborazione verificandola puntualmente durante la procedura.
L'individuo oppositivo, invece, si oppone strenuamente all’interlocutore, con critiche o prese di posizione anche forti ed estreme. In tal caso la comunicazione deve essere paradossale, cioé davanti ad una resistenza ostile od a continue interruzioni delle parti il mediatore afferma che il tentativo di mediazione sta procedendo nel miglior modo possibile grazie al loro contributo. Questo tipo di comunicazione spesso spiazza le parti, rimettendo (apparentemente) a loro il controllo della procedura e facendogli percepire la mancata correttezza di tale atteggiamento.
Persone che vorrebbe partecipare attivamente al negoziato ma che a causa di blocchi emotivi non riescono a collaborare. Nel caso occorre fare ricorso ad una comunicazione di tipo suggestivo, guidando la parte a fare attenzione ad aspetti irrilevanti delle nostre argomentazioni – presentati però come fondamentali – o a indicazioni che lo costringano a concentrarsi su certi dettagli , mentre lo convinciamo a comprendere ciò che è importante (Informazioni - Obiettivi - Dialogo - Accordo ) proponendolo come marginale.
Per ultimo c'é l'atteggiamento di chi non puó fare niente, non puó opporsi ne' partecipare attivamente al raggiungimento dell'accordo, spesso a causa di una rigidità mentale che ingessa ogni possibile movimento: il mediatore dovrá cercare di muoversi nella logica rigida, evitando di squalificare tale atteggiamento, orientando la parte verso cambiamenti di prospettive della realtà.
Bene, siamo alle fine della sessione congiunta iniziale, abbiamo raccolto alcune informazioni (il conflitto secondo i punti di vista delle parti) ed individuato che tipo di interlocutori abbiamo davanti: possiamo sbizzarrirci nelle sessioni private!!!
SESSIONI PRIVATE: LIBERO SFOGO ALLA FANTASIA?
Abbiamo affrontato, seppur in modo non approfondito, gli aspetti legati ad una buona impressione iniziale, importante per entrare in empatia con le parti e “condurle” verso il loro accordo. Dopo la presentazione il mediatore, acquisita una sorta di acquiescenza delle parti verso il metodo che ha loro esaurientemente (ed in modo appassionato) descritto, si troverá ad affrontare le sessioni private con i soggetti in lite. Alcuni definiscono queste sessioni come quelle “del cuore”, riferendosi alla probabile emozione che la parte proverá nell'aprirsi al mediatore, sollecitato dalle domande di quest'ultimo, confidandogli aspetti e situazioni che esulano dal semplice motivo di lite e quella del " cervello" dove tutto quanto emerso viene utilizzato per creare una possibile via d'uscita; altri preferiscono definirle sessioni creative, alludendo alla capacitá del mediatore nell' “inventarsi” domande per raccogliere piú informazioni possibili per generare una ridda di possibili proposte da esplicitare nella sessione congiunta finale. E' nelle sessioni private che il mediatore puó (deve) incidere generando opzioni, esplorando possibilitá, inventando soluzioni creative per aiutare le parti ad arrivare ad un accordo.
E' in questa fase che il metodo HNP sollecita il passaggio dalle posizioni agli interessi: vediamo nello specifico a cosa ci riferiamo.
E' noto a molti che ció che diciamo non é ció che vogliamo. Da studi scientifici condotti in comunicazione é emerso che quanto é espresso apertamente con la parola vale solo il 7 % di ció che pensiamo e che vogliamo dire.
La parola, nella forza e l'importanza che riveste, non puó rappresentare l'unico mezzo di comunicazione possibile; é infatti indubbio quanto sia eloquente il linguaggio non verbale.
Se ci fermiamo un attimo ad osservare gli altri mentre comunicano, possiamo cogliere quanto siano importanti la gestualitá, le espressioni, i movimenti piú o meno marcati. Tutto concorre a fare comunicazione, a dire qualcosa, a trasmettere ció che la persona sta provando. Ritornando alle percentuali che citavamo prima, il linguaggio non verbale, comunemente detto linguaggio del corpo, incide nella comunicazione per il 55%, mentre il paraverbale cioè come dico le cose, ritmo e tono della voce, che rappresenta il 38%, superano di gran lunga il verbale che ha un'influenza del 7%. Il dato numerico stride con la normale concezione di comunicazione che, sovente, ognuno di noi ha, dove la parola la fa da padrona, senza prestare attenzione ad alcuni particolari che rivelano molte altre informazioni. Attraverso la comunicazione non verbale si possono esprimere le emozioni e i pensieri più profondi. I segnali prodotti possono essere coerenti, ma anche incoerenti: si pensi, ad esempio, alla frase «non mi sto annoiando», detta mentre si sta guardando sistematicamente il proprio orologio, oppure alla frase «sono felice», pronunciata quando il proprio volto sembra trasmettere esattamente il contrario. Ed é in questo terreno, impervio ed affascinante, che il mediatore deve sapersi muovere per leggere (o sollecitare) i reali interessi di ognuno di noi verso una determinata questione.
Per far emergere gli interessi sottaciuti, il mediatore dovrá entrare in empatia con la parte, utilizzando i canali sensoriali prediletti da quest'ultima, andando a toccare e solleticare gli aspetti piú reconditi per poter fare, poi, sentire alla parte che si puó fidare del mediatore, confidando a lui ció che in sessione congiunta non ha voluto/potuto riportare.
E' frequente, nelle sessioni private, accantonare per un po' di tempo il problema che ha generato il tentativo di mediazione per conoscere meglio la parte: domande personali, preferenze, passioni, hobby, interessi, organizzazione familiare e lavorativa, sono solo alcuni degli aspetti che posso venire toccati e che possono fornire elementi utili nel possibile raggiungimento di un accordo. Un'esperienza fatta da un mediatore Geo-cam é stata, in questo senso significativa: nell'ambito di una procedura il mediatore si é trovato a gestire una controversia che consisteva nella presenza di alcuni difetti su una abitazione di nuova costruzione, e vedeva in lite acquirente, venditore e impresa esecutrice delle opere. I difetti lamentati erano riferiti al cattivo isolamento termico della unitá, con conseguenti ponti termici e muffa da umiditá, una tinteggiatura esterna non univoca come colorazione ma con presenza sulle pareti di chiazze di colore piú chiaro, e la non rispondenza dei requisiti di legge in merito all'isolamento acustico. Dopo tre sessioni private con ciascuna delle parti (durata che le ha stancate fisicamente e dal punto di vista della concentrazione, consistente in 3 giorni per tutta la procedura) erano emerse, quali elementi condivisi tra le tre parti coinvolte:
a) il mare
b) le barche
c) la pesca
L'accordo trovato, dopo aver lungamente lavorato con ognuna di esse, si é basato sulla installazione di alcune bocchette di aerazione forzata per favorire il ricambio d'aria all'interno dell'abitazione, cosí da eliminare le muffe presenti anche in considerazione che la casa era abitata da due coniugi entrambi con incarichi “dirigenziali”, spesso fuori di casa, con orari massacranti e con conseguente difficoltà di aerare i locali. Poi si é passati all'accollo da parte di impresa e venditore della posa di un pannello per isolamento acustico (senza la richiesta di riduzione del prezzo di acquisto del fabbricato) con l'impegno da parte dell'acquirente dell'immobile (abilissimo pescatore nelle gare di pesca a livello regionale) a partecipare al campionato con la squadra di pesca dove il venditore é il presidente e l'impresario é il vicepresidente della societá sportiva.
L'esempio, per quanto banale, rende l'idea di come la soluzione puó significarsi in una strada che nessuno immaginava; o per meglio specificare, nessuno ad eccezione del mediatore che ha saputo far emergere elementi apparentemente insignificanti alla lite in questione.
Ma qual'é stata la forza del mediatore? Quali armi ha usato per scovare informazioni utili in sede di accordo? Semplice, fare le domande opportune!!!!
E' con le domande che emergeranno aspetti confidenziali, emozioni nascoste, aspettative genuine..... ed é per fare le domande piú efficaci che serve preparazione e creativitá. E' grazie a quest'ultima, condita da intuito e spirito di osservazione, che si possono indirizzare le giuste domande per chiarire, esplorare, sondare, verificare le possibilitá. Per questo le domande non dovranno essere tendenziose (cioé formulate in modo da indurre la parte a percepire il mediatore come fazioso), non dovranno essere chiuse (cioé domande alle quali si debba rispondere con un si o con un no), non dovranno essere troppo vaghe (cercando di approfondire gli aspetti della lite e quelli emozionali della parte, partendo dalla larga scala per poi scendere nel particolare).
L'importanza delle domande riveste davvero un ruolo essenziale anche nella seconda sessione privata, la cosiddetta sessione “del cervello”, dove tutti gli elementi emersi grazie all'empatia creatasi, devono essere ben utilizzati per far emergere le opzioni negoziali. Grazie alle domande sarà possibile verificare quali tra interessi ed opzioni risultano condivisi, così da portare le parti ad una soluzione che davvero puó rivelarsi imprevedibile.
Chi mai avrebbe pensato che in una controversia relativa a difetti costruttivi di un fabbricato, una gara di pesca avrebbe rivestito un ruolo fondamentale per la sua soluzione?
La buona tecnica delle domande unita alla capacità comunicativa del mediatore portano davvero a soluzioni impensabili ma assolutamente condivise dalle parti e quindi durature nel tempo.
IL MEDIATORE CREATIVO: UTOPIA O POSSIBILITA'?
Nel precedente paragrafo abbiamo definito le sessioni private come creative o “del cuore”e “del cervello”. Che si opti per una delle definizioni, risulta indubbio che la creatività giochi un ruolo fondamentale nella gestione delle sessioni private. La capacità di cogliere e sviluppare informazioni che possono inizialmente apparire banali, é sicuramente frutto di un insieme di capacità e conoscenze della comunicazione e di una grande abilità creativa.
Per poter generare la possibilitá di creazione di piú opzioni si possono seguire alcuni punti cardine:
1. ll metodo di ricerca e creazione delle molteplici opzioni deve essere del tutto scollegato dalla valutazione delle opzioni stesse. La verifica della bontá delle soluzioni negoziali sará fatta in una fase successiva.
2. Cercare di generare piú opzioni possibili e non di ricercare «la» soluzione.
3. Sforzarsi nel trovare vantaggi per tutte le parti coinvolte.
4. Studiare e proporre soluzioni che facilitino la decisione all’altro, sollevandolo da responsabilitá che potrebbero generare blocchi.
Uno dei metodi piú usati é quello del brainstorming; é una tecnica usata molto spesso nelle aziende e consiste nel riunire un gruppo di persone al fine di poter generare piú soluzioni ad un problema o piú proposte per un progetto. La regola é che durante il la prima fase del brainstorming le persone possono avanzare qualsiasi idea in piena libertá, anche la piú assurda, e le proposte non possono essere in alcun modo commentate ma solo elencate. In alcuni corsi, facendo riferimento alla storia dell'arancia, si afferma che “Dividere l’arancia non è l’unica soluzione. Si può anche sbucciarla, spremerla, o addirittura piantarla e far crescere un intero albero di arance. La migliore soluzione ad una trattativa si trova solo mettendo nel piatto tutte le possibilità.”
Il successo di una trattativa (che si sublima nell'accordo finale) sta nel fatto che le parti prendano le decisioni che vadano anche ad altrui vantaggio. Cosí il mediatore dovrá fare in modo di facilitare queste decisioni, mettendo a confronto una parte con una scelta che sia per lei il più possibile indolore, magari cercando (a volte creando...) un «precedente», un'analoga soluzione adottata in situazione similare.
Frequentemente si puó fare ricorso allo stratagemma di far immaginare alle parti (in sessione privata) quale possa essere la conseguenza di un mancato accordo (ad esempio incertezza, lungaggini e costi per farsi riconoscere un supposto diritto tramite una causa civile); quando abbiamo sgombrato il campo dalle conseguenze negative o comunque controproducenti, siamo pronti ad accogliere nuove soluzioni costruttive, valutando finalmente altre possibilitá. Un'altra eventualitá é quella di far immaginare alle parti cosa potrebbe succedere se l'accordo venisse raggiunto e ratificato; questo ci permette di considerare ipotesi che, se concentrati sul problema e non sulla soluzione, non riusciamo a cogliere ed a valutare se sono concretamente realizzabili e, inoltre, di pensare e vagliare gli effetti indesiderati che potrebbero derivare dal raggiungimento dell’accordo.
SESSIONE CONGIUNTA FINALE: ACCORDO O NON ACCORDO?
SORPRESA: IL MEDIATORE “CONCRETO”!!
Dopo aver sollecitato le parti a creare piú opzioni negoziali o, piú frequentemente, suggerendole loro in modo indiretto (per far si che quella possibile proposta non possa essere identificata come la “soluzione del mediatore”), il mediatore é chiamato a concretizzare gli sforzi ed il lavoro fatto insieme fino a quel momento.
La fase finale della procedura é delicata perché gli ultimi dubbi, le restie perplessitá e resistenze delle parti verso l'accordo potrebbero cadere in questo passaggio o, per contro, esacerbarsi e mettere in pericolo un possibile epilogo positivo della lite. Potrebbero inoltre emergere elementi nuovi ed inaspettati che possano sparigliare le carte fino ad allora considerate.
Un esempio pratico ci viene fornito da un caso reale (spesso ripreso come esercitazione per i mediatori dell'Ass. Geo-CAM) che ha riguardato un conflitto sorto tra due amici, Paolo e Guido, che avevano fondato insieme un biscottificio artigianale, con rispettive quote di proprietá del 60% e del 40%.
Paolo, che si occupava degli aspetti commerciali e di distribuzione del prodotto, aveva aperto un'altra attivitá di distribuzione bevande che gestiva parallelamente al biscottificio, a completa insaputa del socio di minoranza Guido.
Guido, che da sempre si occupava della produzione dei biscotti, impegnato direttamente dall'impasto alla cottura, chiedeva investimenti che modernizzassero le attrezzature ed i macchinari, sollevandolo cosí dal grande impegno in termini di tempo e di fatica, facendogli di conseguenza guadagnare un po' di tempo libero da dedicare a famiglia ed hobby ed innalzando il livello qualitativo della propria vita extraprofessionale.
Paolo si opponeva agli investimenti economici richiesti da Guido, adducendo problemi finanziari, senza peró specificare che tali impedimenti derivavano dallo sforzo economico che aveva sostenuto nell'azienda di distribuzione bevande, chiedendo al mediatore, che aveva raccolto la confidenza in sessione privata, di non rivelare la circostanza.
Nelle esercitazioni svolte spesso il mediatore é riuscito a far emergere elementi importanti per chiudere un accordo, basandosi su un investimento dilazionato nel tempo, generalmente bilanciato dal riassetto delle quote societarie, condizionandolo sovente ad una nuova assunzione che supporti Guido e lo sollevi da orari gravosi.
Semplice! Quasi lapalissiano! Praticamente un accordo fatto.....
Ma qui spesso é uscita l'idea che il mediatore ha della filosofia conciliativa, concretizzata nell'amletico dubbio: é giusto che si concluda un accordo che non ha la certezza di durata e tenuta nel tempo?
L'incognita della durata é rappresentata dalla mancata rivelazione dell'esistenza della seconda societá di Paolo ed il perdurare di un'ambiguitá in un rapporto dove affari ed amicizia si intrecciano in modo indissolubile.
E' stato interessante vedere come spesso il finale della esercitazione abbia preso strade diverse, orientate dal mediatore e dalle emozioni delle parti; in alcuni casi le parti hanno chiuso l'accordo non rendendo noto il “segreto” della seconda attivitá.
In altri casi Paolo ha confessato a Guido il nuovo impegno lavorativo, raccogliendo una reazione rabbiosa ma che ha poi portato comunque ad una comprensione della situazione e ad una intesa.
In altri casi ancora Guido, dopo essere stato messo a conoscenza della distribuzione di bibite, non é riuscito a superare la delusione, sentendosi tradito dall'amico, con conseguente mancato accordo.
Qualcuno dei coraggiosi lettori, tenacemente arrivato fin a questo capitolo, si domanderá: “....E il mediatore cosa ha fatto? Come si é posto? Ha cercato di orientare l'opinione delle parti?”
Nella premessa avevamo promesso domande.... beh, eccole!!! Il mediatore ha seguito il proprio istinto, la propria indole, la propria sensibilitá ed ha agito di conseguenza, non in modo univoco in ogni esercitazione. Importante per lui é stato riuscire a non essere implicato nelle emozioni vissute e trasmesse dalle parti: la luciditá del negoziatore é un punto fermo rispetto al quale non si puó venir meno, anche (e sopratutto) davanti a situazioni particolarmente coinvolgenti, dove schierarsi da una parte é una forte tentazione.
Ricordiamoci che il nostro compito é quello di riattivare la comunicazione tra le parti ed accompagnarle verso la soluzione della lite, in modo neutrale, equiprossimo a loro, gestendo le loro tensioni, le loro ansie, le loro frustrazioni, esaltando gli aspetti positivi in campo e neutralizzando le cariche negative che un conflitto offre in abbondanza.
Quando avrete risposto alla domanda posta qualche riga fa, circa la chiusura di un accordo che non ha solida base che ne garantisca la durata nel tempo, vi preghiamo di soffermarvi su un altro aspetto non secondario: quello dell'applicazione dei cosiddetti filtri alla possibile soluzione.
Per filtri si intendono le limitazioni ad un accordo rappresentate da leggi, norme locali e/o sovraordinate, convenzioni o prassi. Un esempio banale ci viene offerto da un caso reale affrontato da un mediatore Geo-CAM: In un conflitto tra due vicini (il proprietario di un'abitazione e il titolare dell'attigua officina meccanica) riguardante il rumore tra gli ambienti, la costruzione di una barriera antirumore, costituita da pannelli altri m 2,50 e nascosta in una siepe, avrebbe rappresentato la soluzione del problema; non é stato possibile attuarla a causa delle stringenti e non chiare norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico comunale, gravanti sulla zona di ubicazione degli immobili oggetto di contestazione. Il mediatore ha dovuto portare le parti ad “inventare” un'alternativa che ha limitato il rumore agendo sugli orari di lavorazione dell'azienda, con l'impegno di esse a presentare congiuntamente una argomentatissima richiesta all'Amministrazione per la variazione della norma ostativa ed a procedere, nel caso di accettazione della richiesta e del conseguente decadimento delle limitazioni degli orari lavorativi, alla costruzione della barriera antirumore.
La concretezza del mediatore, piú volte richiamata, sta anche nella presa d'atto e nella “virata” a volte forzatamente imposta alla soluzione condivisa. La voglia di chiudere un conflitto non deve mai farci dimenticare, nell'entusiasmo dell'intravedere una via tracciata che porti all'accordo, che il nostro sforzo (e ovviamente quello delle parti) deve essere attentamente verificato sotto ogni punto di vista, analizzando con pazienza le circostanze e le conseguenze di una soluzione piuttosto che un'altra.